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Attualità

Mar Rosso, la fragilità dei cavi sottomarini per Internet è un grosso problema

Nei mesi scorsi i militanti Houthi hanno minacciato di compiere atti di sabotaggio sui cavi sottomarini, ma al momento non ci sono prove che ci siano riusciti

Quattro cavi sottomarini per le telecomunicazioni sono stati danneggiati nel Mar Rosso, tra Gedda, in Arabia Saudita, e Gibuti, nell’Africa orientale. Lo riferisce il quotidiano israeliano “Globes”, secondo cui il danneggiamento sarebbe stato compiuto dai ribelli filo-iraniani Houthi, che hanno base in Yemen.

Immagine | ANSA/ UFFICIO STAMPA MINISTERO DIFESA

Quali sono i cavi danneggiati

Uno dei cavi danneggiati è l’AAE-1, acronimo per Asia-Africa-Europe 1 e lungo 25 mila chilometri, che si estende dal sud-est asiatico all’Europa attraverso l’Egitto e collega Hong Kong, Vietnam, Cambogia, Malesia, Singapore, Thailandia, India, Pakistan, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Yemen, Gibuti, Arabia Saudita, Egitto, Grecia, Italia e Francia; un secondo cavo, detto Seacom, si estende per 17 mila chilometri e collega Sudafrica, Kenya, Tanzania, Mozambico, Gibuti, Francia e India; c’è poi il cavo in fibra ottica Eig, acronimo di Europe India Gateway, di 15 mila chilometri che collega Regno Unito, Portogallo, Gibilterra, Monaco, Francia, Libia, Egitto, Arabia Saudita, Gibuti, Oman, Emirati e India; infine il cavo Tgn, che collega l’India all’Europa, passando per l’Arabia Saudita e l’Egitto.

I danni e i rischi

I danni riportati dalle infrastrutture avrebbero provocato “gravi interruzioni delle comunicazioni internet tra Europa e Asia, con danni soprattutto nei paesi del Golfo e in India”, riporta ancora il quotidiano israeliano Globes. Nonostante disagi significativi, la situazione non è compromessa in quanto altri cavi sottomarini passano in quell’area, collegando Asia, Africa ed Europa, e il traffico di dati è stato reindirizzato velocemente su infrastrutture alternative. Tuttavia la riparazione dei danni potrebbe essere lunga e difficoltosa. Infatti non solo il complesso intervento di ripristino potrebbe richiedere almeno 8 settimane, a quanto viene stimato, ma comporterebbe anche l’esposizione da parte delle aziende a rischi elevati, dovuti appunto alla presenza degli Houthi nell’area. Potrebbe essere necessaria una scorta militare o un sistema di sicurezza armata per portare a termine l’intervento.

La Seacom Ltd., la società sudafricana che controlla l’infrastruttura, ha rilevato un errore il sabato scorso, 24 febbraio. Lo ha confermato in un’intervista con Bloomberg, il lunedì successivo, il Chief Digital Officer della società, Prenesh Padayachee. Secondo una stima effettuata da Padayachee, il problema si è verificato in acque profonde tra i 150 e i 170 metri circa, in una zona di guerra in cui i combattenti Houthi, sostenuti dall’Iran, in passato hanno preso di mira le navi di passaggio con l’uso di droni e missili.

Immagine | EPA/YAHYA ARHAB

Infrastrutture vulnerabili

L’incidente ha messo in risalto come le infrastrutture sottomarine possano essere vulnerabili, in particolare in acque poco profonde in cui sono presenti molti cavi. Ci sono circa 16 sistemi via cavi nel Mar Rosso, che collegano l’Europa all’Asia attraverso l’Egitto.

Nei mesi scorsi i militanti Houthi hanno minacciato di compiere atti di sabotaggio sui cavi sottomarini, ma al momento non ci sono prove che siano riusciti nel loro intento. Secondo i dati del Comitato internazionale per la protezione dei cavi, riporta ancora Bloomberg, la maggior parte dei danni ai cavi sottomarini è causata da attrezzature da pesca come reti da traino o ancore, che vengono trascinate sul fondale marino dalle imbarcazioni.

Benedetta Leardini

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