Mes, cos’è e perché continua a far discutere maggioranza e opposizione?

Si riaccende il dibattito tra il governo e i partiti di minoranza a pochi giorni dalla scadenza per la ratifica del Meccanismo europeo di Stabilità, il cosiddetto “fondo salva Stati”. Nell’Eurozona resta solo l’Italia

 

Con i negoziati a Bruxelles sulla riforma del Patto di stabilità, in seno alla maggioranza riprende quota il dibattito sul Mes, il Meccanismo europeo di Stabilità, e la matassa è ancora lontana dall’essere sbrogliata. La data cerchiata in rosso sul calendario è quella di giovedì 14 dicembre, quando alla Camera è prevista – sulla carta – la discussione sulla ratifica della riforma del cosiddetto “fondo salva Stati”. Tuttavia “è altamente improbabile che la ratifica del Mes venga discussa quel giorno”, confermano fonti di governo, visto che si tratta solo del quarto punto all’ordine del giorno. L’Italia è rimasta l’unico tra i 19 Paesi della zona euro a non aver ancora ratificato la riforma e la scadenza è ormai dietro l’angolo, il prossimo 31 dicembre.

La posizione di Forza Italia

A ribadire la posizione di Forza Italia è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Serve una “logica a pacchetto e non “a pezzi separati”, ha spiegato al Quotidiano nazionale. L’agenda dell’Ue deve avere “una visione congiunta e comune della politica economica europea che contempli il nuovo Patto di stabilità, il Mes, l’Unione bancaria e l’armonizzazione fiscale”.

Al segretario azzurro ha fatto eco il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli: “Il governo con il ministro dell’Economia della Lega Giancarlo Giorgetti, sta facendo un grande sforzo per ottenere una deroga al Patto di stabilità” affinché possano essere scomputati dal bilancio dello Stato “i costi del Pnrr e della guerra in Ucraina“. E “se la ratifica del Mes fosse foriera di questo risultato, per Forza Italia non sarebbe un dramma approvarla”, dice all’Adnkronos.

La Lega ribadisce il no

Ma è la Lega, storicamente contraria al fondo salva Stati, a tenere la linea dura con il presidente dei deputati del Carroccio Riccardo Molinari. La posizione del partito “è nota, pensiamo che il Mes sia uno strumento superato ma aspetteremo di capire le indicazioni della Meloni in merito”, spiega ai microfoni di Radio24, lanciando la palla nelle mani della premier, che martedì pomeriggio è attesa alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 14 e del 15 dicembre. Il capogruppo leghista quindi ribadisce quello che ai più appare ormai quasi: “Il 14 dicembre non discuteremo di Mes” perché “in calendario esistono provvedimenti che vengono prima”.

È il vertice di Bruxelles l’appuntamento a cui la presidente del Consiglio guarda prima di decidere sulla ratifica. Lo dice chiaramente il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, ospite di In mezz’ora su Rai Tre: “Il Mes è un pezzo di un ragionamento ampio. Vediamo in questo Consiglio europeo cosa si definisce dal punto di vista delle modifiche”. Insomma “non si può vedere la questione in modo autonomo”.

Le opposizioni all’attacco del governo

La “melina” del governo fa innervosire le opposizioni. Luigi Marattin di Italia Viva parla di “pagliacciate” e invita l’esecutivo a prendersi le proprie responsabilità, mentre Riccardo Magi di +Europa punta il dito contro il “sovranismo paranoico di Fratelli d’Italia e Lega”.

Per la segretaria del Partito democratico, “Giorgia Meloni fa il gioco delle tre carte”. L’Italia resta l’unico Paese a non aver ratificato il Mes “perché la destra è prigioniera della sua propaganda ideologica”, attacca Elly Schlein. Ma “ratificare le modifiche al Mes non significa chiederne l’attivazione, ma non impedire agli altri Paesi di accedervi. Se non è in grado nemmeno di spiegare questa differenza, non è adatta al suo mestiere”.

Antonio Tajani, ministro degli Esteri
Antonio Tajani | Foto Alanews – Vcode.it

Meloni: “Su Mes dibattito ideologico”

Quello sul Mes è un dibattito molto italiano e anche molto ideologico che testimonia la strumentalità di certe posizioni: non si può parlare di Mes se non si conosce il contesto”, contrattacca Meloni.Forse bisogna interrogarsi sul perché, in un momento in cui tutti facciamo i salti mortali per reperire le risorse, nessuno voglia attivarlo: questo sarebbe il dibattito da aprire”.

La partita tra il governo Meloni e Bruxelles

Mentre aumentano le pressioni sul governo di centro destra affinché ratifichi il Mes, Fratelli d’Italia e Lega cercano di tenere il punto per una questione di coerenza. I partiti della coalizione, con l’eccezione di Forza Italia, lo hanno sempre dipinto come un strumento che limiterebbe l’autonomia e la sovranità dei Stati membri imponendo condizioni capestro. Del resto la partita non è solo di politica interna. Il governo continua a temporeggiare perché pensa si poter sfruttare la carta del Mes per ottenere concessioni su altri fronti a Bruxelles, a cominciare dai negoziati sul Patto di stabilità.

Cos’è il Mes, il “fondo salva Stati”

Il Mes (European Stability Mechanism) nasce nel 2012 come risposta alla crisi dei debiti sovrani. È parte di una strategia europea più ampia. Da un punto di vista giuridico, si tratta di un trattato intergovernativo tra i 19 Paesi dell’euro zona che istituisce un fondo finanziario con sede in Lussemburgo. La governance del fondo è affidata al Consiglio dei governatori, composto dai ministri dell’Economia dell’Eurozona.

La sua funzione fondamentale è concedere, a precise condizioni, assistenza finanziaria ai Paesi membri che – pur avendo un debito pubblico sostenibile – si trovino in temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Negli anni della crisi finanziaria, il Mes ha fornito assistenza finanziaria a Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro.

Il Mes ha un capitale sottoscritto di circa 705 miliardi di euro, di cui 80,5 versati. L’Italia è il terzo contributore europeo: ha sottoscritto il capitale per 125,3 miliardi (poco meno del 18%), versandone oltre 14. Il diritto di voto dei membri del Consiglio è proporzionale al capitale sottoscritto dai rispettivi Paesi. L’Italia, come Germania e Francia, ha diritto di voto superiore al 15% e può quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

La riforma del 2021

A partire dal 2017 in sede europea si è iniziato a discutere di una possibile revisione del trattato istitutivo. La discussione si è conclusa nel gennaio 2021 con la firma da parte di tutti e 19 i Paesi dell’Eurozona, Italia inclusa. Tra le novità, è stata introdotta la possibilità per il Mes di fornire una rete di di sicurezza finanziaria (un backstop) al Fondo di Risoluzione comune per le banche nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. Allo stesso tempo sono state in parte modificate le condizioni di accesso alla assistenza finanziaria e introdotta una nuova linea di credito “precauzionale”, destinata ai Paesi colpiti da shock temporanei ma con finanze pubbliche in ordine.

Come ricorda la Banca d’Italia, la proposta di riforma “interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal Mes in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata. La riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, non affida al Mes compiti di sorveglianza macroeconomica”.

Secondo Bankitalia, il Mes “attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un Paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro Paese”, come avvenuto a partire dal 2010 con la crisi della Grecia. Oltre a ridurre “la probabilità di un default sovrano“, il fondo salva Stati “contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico”.

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