La vera storia dietro “Io sono ancora qui”: il film simbolo della memoria brasiliana

Oscar 2025

"Io sono ancora qui": una storia che racconta uno dei periodi più difficili del Brasile. Fonte foto www.wikipedia.org-vcode.it

Franco Vallesi

Agosto 29, 2025

“Io sono ancora qui” commuove e scuote le coscienze, portando sullo schermo la vera storia della famiglia Paiva, simbolo di resistenza.

Rio de Janeiro, 1971. Una lunga estate calda accompagna le giornate della famiglia Paiva, tra giornate al mare e giochi tra fratelli. Sembra una fotografia felice, ma dietro quella luce tropicale si nasconde il buio di un paese soffocato dalla dittatura militare, che dal 1964 tiene in pugno il Brasile. A spezzare quell’apparente normalità è l’arresto notturno di Rubens Paiva, ex deputato laburista, prelevato con il pretesto di un semplice chiarimento. Non tornerà mai più.

Con “Io sono ancora qui”, premiato come Miglior film internazionale agli Oscar 2025, Walter Salles firma un ritorno potente, intimo, civile. E lo fa raccontando una storia vera, vicinissima alla sua: i Paiva erano i suoi vicini di casa. Lui stesso, da ragazzo, frequentava i figli, respirava da vicino le emozioni di quella casa attraversata dal dolore, dal coraggio, e da una straordinaria dignità.

Una madre coraggio, una famiglia spezzata, un Paese che lotta per ricordare

Al centro della narrazione c’è Eunice Paiva, madre di cinque figli, che dopo la sparizione del marito si ritrova sola a gestire una famiglia e a combattere per la verità. Temendo per la figlia maggiore, vicina ai movimenti studenteschi, sceglie di studiare giurisprudenza, diventa avvocata, e dedica la sua vita a una battaglia lunga e silenziosa per riportare alla luce il volto più oscuro del Brasile moderno.

Walter Salles regista
Walter Salles, regista di “Io sono ancora qui”. Fonte foto www.wikipedia.ord-vcode.it

Non urla, non si arrende. La vediamo invecchiare senza mai smettere di chiedere giustizia, in una delle rappresentazioni femminili più toccanti del cinema recente. A impersonarla è una strepitosa Fernanda Torres, attrice da Golden Globe, che riesce a restituire con precisione ogni sfumatura emotiva del personaggio. Nell’ultima sequenza, ormai anziana, il suo ruolo passa simbolicamente a Fernanda Montenegro, sua madre nella vita reale, oggi 96enne, icona del teatro e del cinema brasiliano, già candidata all’Oscar nel 1999.

Marcelo Paiva, l’unico figlio maschio, ha raccontato questa storia vera nel libro “Io sono ancora qui” (pubblicato in Italia da La nuova frontiera) che ha ispirato la sceneggiatura. È il suo sguardo lucido e affettuoso a tenere insieme la dimensione familiare e quella storica, tra la paura, la speranza, il silenzio e le cicatrici lasciate dal regime.

Il film più visto del Brasile nel 2025: memoria, poesia e impegno civile

Con oltre 3 milioni di spettatori in sala, il film è diventato un fenomeno culturale in Brasile, dove ha riaperto il dibattito su uno dei periodi più controversi del paese. Salles ha scelto un tono sobrio ma intenso, evitando la retorica e affidandosi a un linguaggio cinematografico fatto di dettagli, silenzi, piccoli gesti che lasciano il segno.

Le scene in spiaggia, le conversazioni familiari, le stanze che si svuotano: tutto è narrato con una delicatezza poetica che non smorza mai la tensione politica. Il regista, già autore di capolavori come “Central do Brasil” e “I diari della motocicletta”, torna a esplorare i nodi profondi della memoria collettiva latinoamericana, con un linguaggio universale che ha conquistato anche il pubblico europeo.

Il film è stato proiettato in anteprima al Festival di Venezia 2024, dove ha ricevuto una lunga standing ovation. La giuria lo ha definito “un’opera necessaria”, capace di illuminare le zone d’ombra del passato senza semplificazioni. A livello internazionale, ha ricevuto premi anche a Berlino e San Sebastián, diventando un simbolo di come il cinema possa restituire dignità a chi è stato cancellato dalla storia.

“Io sono ancora qui” non è solo un film. È una testimonianza, un gesto di giustizia tardiva, un invito a non dimenticare. In un momento storico in cui molti regimi autoritari tornano a usare la forza e la propaganda per riscrivere i fatti, quest’opera di Walter Salles riporta al centro l’importanza della memoria, della verità e del coraggio civile.

E quando le luci si accendono in sala, resta negli occhi la domanda più scomoda: quanti “Rubens Paiva” ci sono ancora, invisibili, in tante parti del mondo?

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