Neurotecnologia di nuova generazione: la BCI che legge la mente solo con la password

Leggere la mente

Sembra fantascienza ma è tutto vero. In arrivo un impianto tra cervello e App che permetterà la lettura dei pensieri e i suoi comandi-vcode.it

Franco Vallesi

Agosto 20, 2025

Un impianto cerebrale riesce a leggere il linguaggio pensato con il 74% di accuratezza, ma si attiva solo se richiesto mentalmente: una svolta per chi ha perso la voce e per l’etica delle neurotecnologie.

Restituire la parola a chi non può più parlare: è questo l’obiettivo che guida da anni le ricerche sulle interfacce cervello-computer (BCI). Ora, un team della Stanford University, guidato dalla neuroscienziata Erin Kunz, ha compiuto un ulteriore passo avanti, presentando uno studio rivoluzionario pubblicato sulla rivista Cell. I ricercatori hanno sviluppato un impianto neurale in grado di decodificare il linguaggio interiore — quello che pensiamo ma non pronunciamo — con una precisione fino al 74%. Ma c’è di più: per la prima volta, la tecnologia integra un meccanismo di attivazione tramite parola-chiave mentale, proteggendo così la privacy cognitiva degli utenti.

Come funziona l’interfaccia: lettura della mente sì, ma solo se lo decidi tu

Il sistema sviluppato da Stanford non è un semplice traduttore del pensiero. Utilizza microelettrodi impiantati nella corteccia motoria, la regione del cervello responsabile dei movimenti volontari, inclusi quelli della bocca e della lingua. Attraverso questi elettrodi, il dispositivo registra i segnali neurali generati quando una persona tenta di parlare o immagina di farlo.

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Ecco come funzionerà l’impianto che permetterà la lettura dei pensieri-vcode.it

Durante la sperimentazione, condotta su quattro pazienti che avevano perso l’uso della parola a causa di ictus o malattie del motoneurone (come la SLA), i partecipanti sono stati invitati a immaginare parole e frasi. Il sistema ha rilevato che i segnali cerebrali associati al linguaggio interno sono simili — seppur più deboli — a quelli della parola tentata. L’intelligenza artificiale ha poi decodificato questi segnali in fonemi, combinandoli per formare parole e frasi in tempo reale, da un vocabolario di circa 125mila parole.

Il risultato? In due pazienti il sistema ha raggiunto una precisione del 74%, un traguardo paragonabile ai dispositivi precedenti che si concentravano solo sulla parola articolata. In alcune prove, la BCI è riuscita anche a identificare numeri contati mentalmente, mostrando una sorprendente capacità di intercettare il “chiacchiericcio” interiore che accompagna i gesti quotidiani.

Una password nella mente: il primo filtro etico nelle BCI vocali

La vera innovazione, però, riguarda l’attivazione controllata dell’impianto. Per evitare che la macchina intercetti pensieri indesiderati, i ricercatori hanno introdotto una sorta di interruttore mentale: il sistema si accende solo quando il paziente immagina una parola-chiave prestabilita. Nel caso dello studio, la frase selezionata è stata “Chitty-Chitty-Bang-Bang”, riconosciuta con una precisione superiore al 98%.

In assenza di questa “password”, l’impianto resta completamente inattivo. Questo espediente rappresenta una pietra miliare etica, pensata per rispondere ai timori legati alla privacy mentale, un concetto sempre più centrale man mano che le tecnologie neurali diventano più sofisticate. Le preoccupazioni sono concrete: un dispositivo in grado di tradurre pensieri potrebbe, in teoria, rivelare anche contenuti non destinati alla comunicazione — desideri, paure, ricordi. L’interruttore mentale impone invece un consenso attivo prima dell’attivazione.

Come ha sottolineato la neuroingegnera Sarah Wandelt dei Feinstein Institutes, si tratta di un risultato «tecnicamente impressionante» che dimostra come etica e innovazione possano procedere insieme. La collega Silvia Marchesotti, dell’Università di Ginevra, ha aggiunto che la ricerca aiuta anche a distinguere meglio tra linguaggio tentato e linguaggio immaginato, due aree ancora poco esplorate della neurocomunicazione.

Lo studio, pur innovativo, non è privo di limiti. Il campione era molto ristretto, con soli quattro pazienti, e i risultati non sono ancora generalizzabili. Inoltre, il sistema non è ancora in grado di tradurre frasi complesse pensate liberamente, ma solo frasi previste durante le sessioni di addestramento. Per ora, infatti, è necessario che i pazienti affrontino lunghe sessioni personalizzate, durante le quali l’IA impara a riconoscere i loro schemi cerebrali unici.

La corteccia motoria resta l’area più facilmente interpretabile, ma secondo Kunz i prossimi passi coinvolgeranno altre regioni del cervello, nella speranza di trattare anche disturbi che coinvolgono l’elaborazione più astratta del linguaggio. Inoltre, l’obiettivo è migliorare la velocità e l’affidabilità del sistema, con una latenza sempre più ridotta tra il pensiero e la parola trascritta o vocalizzata.

Per ora, le BCI come questa si rivolgono principalmente a chi ha perso la capacità di parlare, come pazienti tetraplegici o affetti da malattie degenerative. Ma la prospettiva futura — se regolata e monitorata — è quella di un’interfaccia uomo-macchina che possa amplificare il pensiero, consentendo una comunicazione più libera e personale. A patto, sempre, che resti sotto il nostro controllo. Mentale, ma consapevole.

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