Wearable e fitness, luci e ombre: quanto possiamo fidarci davvero dei nostri Smart Watch?

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Affidarsi agli Smart Watch o diffidare? I loro dati sono attendibili?-vcode.it

Franco Vallesi

Agosto 27, 2025

Uno studio pubblicato su Sports Medicine ha esaminato l’accuratezza di smartwatch e fitness tracker. Risultati incoraggianti su battito e passi, grandi discrepanze su calorie e sonno. Ecco quali marchi si sono dimostrati più affidabili e dove invece i limiti restano evidenti.

Sempre più persone utilizzano smartwatch e fitness tracker per monitorare salute e attività fisica. Promettono di registrare passi, consumo calorico, distanza e qualità del sonno, ma quanto sono realmente affidabili? Un’ampia revisione pubblicata nel 2024 su Sports Medicine dai ricercatori dell’University College Dublin ha fatto il punto, analizzando centinaia di studi indipendenti sugli indossabili. I numeri rivelano sia lati positivi che limiti strutturali. L’uso di questi device può supportare la consapevolezza del proprio benessere, ma le differenze rispetto ai metodi clinici restano marcate in aree cruciali come il sonno e il dispendio energetico.

Battito, passi e capacità aerobica: dove i wearable funzionano meglio

La buona notizia è che per parametri cardiovascolari e di movimento gli errori sono contenuti. Secondo l’analisi, la misurazione della frequenza cardiaca mostra un margine d’errore medio di circa 3%. Dispositivi come Apple Watch e Garmin si collocano tra i più accurati, anche durante attività intense, mentre Fitbit tende a una leggera sottostima. Per la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), importanti in ambito sportivo e medico, i device Polar offrono misurazioni affidabili a riposo, con maggiori imprecisioni sotto sforzo.

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Cosa dicono i dati riguardo la loro affidabilità-vcode.it

Sul fronte del movimento, il conteggio dei passi risulta sottostimato del 9% rispetto ai metodi manuali di riferimento. La prestazione varia a seconda del brand: Withings e Misfit restano costanti nella sottostima, mentre Apple e Samsung riducono al minimo le variazioni. Anche in applicazioni più specifiche, come il conteggio delle spinte sulle sedie a rotelle, alcuni modelli – in particolare Apple Watch Series 4 calibrato – hanno dimostrato precisioni vicine al 9%, a fronte di errori superiori al 20% con altri brand.

Interessanti i dati sul VO2max, ossia la capacità aerobica. Gli smartwatch risultano molto più affidabili se misurano il parametro durante l’esercizio rispetto ai test a riposo. Nei test sotto sforzo, i margini d’errore si avvicinano allo zero, confermando l’utilità degli indossabili come strumento di monitoraggio durante l’attività fisica.

Sonno e calorie: i veri limiti della nuova tecnologia indossabile

Se i wearable convincono nella registrazione del movimento e della frequenza cardiaca, non altrettanto accade per parametri complessi. La stima del dispendio energetico risulta ancora problematica: l’errore medio nei diversi studi si attesta attorno al 3%, ma con forti variazioni. Gli standard clinici come la calorimetria indiretta e la tecnica dell’acqua doppiamente marcatahanno evidenziato differenze importanti tra i modelli, tanto da far dubitare gli autori sulla reale efficacia di questi strumenti per un calcolo preciso delle calorie bruciate quotidianamente.

Il quadro peggiora nel monitoraggio del sonno. Comparando i dati dei wearable con quelli della polisonnografia, metodo clinico di riferimento, le discrepanze sono molto ampie: errori fino al 180% nella rilevazione delle fasi del sonno. In generale, gli smartwatch tendono a sovrastimare il tempo totale di sonno e l’“efficienza” (quanto il sonno appare continuo), mentre sottostimano il tempo di veglia e la latenza iniziale. Alcuni modelli Fitbit hanno mostrato scostamenti superiori al 10% ma la tendenza è comune a diversi brand.

Anche la saturazione dell’ossigeno (SpO2) mostra limiti ma con risultati più incoraggianti: confronti con saturimetri clinici hanno rilevato scarti ridotti, pari al 2% in media per Apple Watch Series 6, crescendo fino al 5-6% nei casi estremi. Un dato che apre alla possibilità di impieghi medici preliminari, pur se con ampie cautele.

Secondo i ricercatori, il problema principale è la mancanza di standard di validazione: non esistono protocolli condivisi per testare in modo uniforme i wearable, e la velocità del mercato rende rapidamente obsoleti i risultati scientifici. Per migliorare affidabilità e trasparenza servirebbero consorzi di ricerca, enti di certificazione e collaborazione con i produttori, per evitare che marketing e hype prevalgano sulla reale efficacia clinica.

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